Giancarlo Perbellini
Nato a Bovolone (VR) nel 1964, frequenta l’alberghiero di Recoaro Terme. In quegli anni inizia ad annusare i profumi della ristorazione al Marconi e ai 12 Apostoli, per spiccare il volo poi al “San Domenico” di Imola. Le atmosfere e i classicismi francesizzanti della grande maison di Morini lo conducono in varie peregrinazioni fuori dall’Italia, dal Taillevent all’Ambroisie, fino alle Terrasse di Juan Les Pins e allo Chateau d’Esclimont.Tornato in Italia, fonda il primo ristorante di Isola Rizza. Nel 1992 è subito premio: “miglior cuoco europeo del pesce”.
Nel 1996 Giancarlo Perbellini conquista la prima stella Michelin e nel 1998 viene proclamato Chef emergente dalla guida dell’Espresso. La seconda stella arriva nel 2002 e ad essa si aggiungono le tre forchette per la guida del Gambero Rosso nel 2005. Dal 2010 è Presidente della commissione italiana della prestigiosa competizione tra chef “Bocuse d’Or”.
Il 2014 è l’anno della svolta, l’anno in cui Giancarlo Perbellini decide di riprendere in mano le redini delle sue passioni più grandi: la pasticceria e la cucina. Nell’agosto del 2014 rielabora in chiave moderna la passione di famiglia e apre, a due passi dall’Arena di Verona, la pasticceria “Dolce Locanda”, in cui vengono sfornate quotidianamente golosità ispirate alla grande tradizione dolciaria veronese ed italiana. Punto di riferimento di Giancarlo è nonno Ernesto, a cui lo chef ha dedicato la sua versione del Pandoro. Perbellini reinterpreta anche la sua idea di fare cucina e, per questo, si allontana dal suo primo ristorante e nel dicembre 2014, apre il concept restaurant “Casa Perbellini”, il suo ultimo grande orgoglio nel cuore del quartiere di San Zeno, una vera e propria “casa del cuoco”, in cui la cucina si fonde con la sala, in un ambiente unico e in un perfetto equilibrio di sapori e sensazioni, con un’ospitalità senza orpelli e formalità. A metà 2015, Perbellini raccoglie una nuova sfida e prende le redini del ristorante gourmet “Dopolavoro Dining Room”, all’interno del meraviglioso resort JW Marriott di Isola delle Rose, nella Laguna di Venezia.
Alla fine dello stesso anno, arrivano importanti riconoscimenti. Casa Perbellini riceve Tre Cappelli, il punteggio di 18/20 e il premio come Novità dell’Anno dalla Guida dell’Espresso. Il Touring Club Italiano inserisce il ristorante nell’Olimpo della Ristorazione (il massimo riconoscimento) e gli consegna il premio Piatto di Pasta dell’Anno. Infine, a dicembre, arriva il coronamento della Guida Michelin 2016, che assegna, da zero, Due Stelle a Casa Perbellini e Una Stella al Dopolavoro. Un risultato senza precedenti in Italia.
Dal 2015, Perbellini è testimonial delle ONG Progetto Mondo MLAL e FOCSIV, con le quali sostiene campagne di solidarietà per l’educazione alimentare nel Terzo Mondo e iniziative per portare nelle scuole i principi dell’alimentazione sana e stagionale e della lotta allo spreco.
Chef, pasticcere, imprenditore di successo: in quale ruolo si sente più a suo agio?
Senza dubbio nel ruolo di chef.
Quanto è importante la formazione nello sviluppo della pasticceria in Italia? Quali sono i passi che mancano e che il nostro Paese dovrebbe fare per migliorare in questo settore?
Penso che nelle scuole alberghiere manchi una solida formazione di base, così come credo manchi un indirizzo verso la pasticceria. D’altra parte in Italia abbiamo delle accademie straordinarie, tra cui l’Istituto di formazione e aggiornamento “Cast Alimenti” di Brescia e la scuola “Dolce & Salato” di Caserta. Resto comunque dell’idea che chi oggigiorno riesce a costruirsi una carriera di successo ce la fa perché ha sviluppato una passione e una tenacia proprie, la formazione da sola non basta. C’è molto da fare e credo che gli istituti alberghieri vadano profondamente ripensati e riprogettati. Detto ciò, la pasticceria italiana ha fatto passi incredibili e l’accademia italiana ha dato un suo grande impulso nella direzione della qualità. Dobbiamo continuare su questa strada.
Quanto avere un ‘signature dish’ come per lei la sfoglia aiuta nella caratterizzazione del proprio lavoro?
Avere un piatto o un dessert rappresentativo che ti consente di essere riconoscibile è un valore aggiunto fondamentale. Nel mio caso, per quanto concerne la pasticceria, lo sono la sfoglia, a cui ho recentemente dedicato un libro (Millesfoglie, edito da Italian Gourmet) e il pandoro: la prima è continuativa nel senso che la si utilizza per tutto l’anno, il secondo è di ricorrenza, ma entrambi rappresentano le attrattive della pasticceria.
Quanto è importante il ruolo imprenditoriale accanto a quello di bravo artigiano?
Il ruolo imprenditoriale dipende dagli obiettivi di ciascuno. Io sono rimasto un artigiano che ha imparato nel tempo anche le regole dell’imprenditore e devo dire che nella gestione dei miei locali ho mantenuto una formula di aggregazione particolare: coinvolgo i miei dipendenti che ad un certo punto della loro vita hanno voglia di fare il grande salto, e li faccio entrare in società con me, dando loro fiducia e margine di libertà. Li seguo, per così dire, da lontano, ma ci sono sempre.
Ha sempre avuto uno sguardo attento sull’estero: che cosa dobbiamo imparare e da chi?
La pasticceria al di fuori dell’Italia è la Francia. Nel resto del mondo è meno caratterizzata di quanto non lo sia da noi e in Francia, ma a differenza dei francesi, noi italiani non siamo riusciti a creare brand esportabili. Del resto siamo partiti dopo e loro sono molto più avanti, anche perché hanno potuto contare su una maggior attenzione e sensibilità da parte dello Stato. Oltre a ciò, i francesi hanno fatto una pasticceria molto più curata rispetto alla nostra, utilizzando tanta frutta e cioccolato. Noi italiani siamo meno sofisticati.
Qual è il Paese che può offrire più ispirazione nel campo della pasticceria, in questo momento?
L’economia di mercato in Italia ci obbliga a calmierare i prezzi dei dolci, spesso a discapito della qualità. In Francia tutto questo non accade e ha permesso a un certo numero di pasticcerie di aprire più punti vendita.
Che cosa vede nel futuro della pasticceria italiana?
Continuiamo su questa strada. Credo che l’obiettivo sia riuscire ad esportare un concetto più identitario della pasticceria italiana. Ciò che stiamo facendo con la cucina gourmet, dovremmo riuscire a farlo anche nella pasticceria, reinventandola a partire dai dolci di casa. Nessuno ci ha ancora provato. Fare tesoro delle ricchezze regionali è fondamentale, perché la nostra pasticceria casalinga è ricca e variegata con proposte tipiche da valorizzare.